Parliamo di luce
Già, proprio la luce. Naturale, mista, prodotta da un flash, insinuatasi in punta di piedi da una finestra o da una persiana, di rimbalzo, artificiale. Atipica a volte, quando – meno distratti e più fortunati – siamo pronti a coglierne un’ essenza diversa. Mi ricordo di un tempo in cui, molto prima di decidere di fare click su una scatola che misteriosamente restituiva immagini, ero estremamente attratto dalla luce. Meglio sarebbe dire da come la luce era in grado naturalmente di modificare ciò che vedevo. Secondo dinamiche profonde, peraltro. Molto al di là di ciò che i miei occhi erano in grado di cogliere. Quasi come se fosse l’elemento (l’unico) che dava significato a come percepivo il “tutto attorno a me”. Cambiavano le persone, le sensazioni, gli scenari, gli oggetti stessi che – misteriosamente e con la luce giusta – acquisivano un’anima. Il mondo insomma si trasformava. Anzi, per esser più chiari, oggettivamente c’era un mondo nuovo da scoprire. Me ne accorsi col tempo. Dopo un po’, con la passione per la fotografia che ormai – in maniera del tutto evidente – accompagnava la mia vita, mi resi conto che ero solito scattare foto sempre alle stesse ore del giorno: adoravo scattare al tramonto o dopo notti insonni, all’alba; mi piaceva la dinamica generata da tempi di posa lunghi che mi permettevano di raccontare storie anche con un solo fotogramma (l’utilizzo della quantità/qualità di luce). Mi ricordai delle mie sensazioni e dei miei pensieri. Il tema andava senz’altro approfondito, ne valeva la pena. Capii allora che esistevano delle regole in fotografia e che fondamentalmente, le regole tutte, giravo attorno all’elemento luce. Esposizione, composizione, bianco e nero. Il mio stesso approccio alla fotografia cambiava. Paradossalmente, quando pensavo di aver compreso, quanto meno, un minimo di tecnica necessaria per iniziare a fare esperienza sul campo, rimettevo tutto in gioco (per la verità, lo faccio tutt’ora). Lo ammetto, era un tempo in cui le superfetazioni mentali e un mondo immaginifico tutto mio, mi spingevano verso la sperimentazione (trattasi della mia “prima” produzione alla quale sono affettivamente molto legato, pur con tutti gli evidenti errori e con l’approccio molto grezzo dell’epoca). La luce, ad ogni buon conto, mi suggeriva di osare di più. C’era la luce morbida che rendeva tutto più bello, la luce dura con le sue ombre nette che conferivano drammaticità alle foto, le nuvole, le luci miste, i filtri fotografici, i tempi di posa che modificavano radicalmente la realtà, i controluce con la perdita di dettaglio, le luci in studio, l’accanimento sul bilanciamento dei bianchi e la temperatura colore. Tutto ruotava attorno allo stesso elemento: la luce; il che rendeva fare foto una pratica misteriosa e piena di magia. La luce mi ha insegnato nel tempo che le regole, fondamentali per ottenere certi risultati, andavano conosciute nel dettaglio, ma, soprattutto, che padroneggiare una buona tecnica, ti permetteva di “sconfinare”, di derogarla e di rendere uno scatto davvero tuo. Senza compromessi. D’altronde i fotografi, anche quelli atipici come me, hanno proprio fatto questo. Chi, probabilmente in maniera più istintiva (arte) e chi in maniera maggiormente razionale (la tecnica piegata alle proprie esigenze). Il mio amore per la luce, si può dire, mi ha spinto ad intraprendere questo mestiere. E’ proprio lei che mi suggerisce (discreta) che c’è tanto ancora da scoprire. Ancora adesso, dopo quasi 20 anni. Nel mio lavoro in studio, mi riscopro ogni giorno legatissimo agli schemi di luce affinati con l’esperienza e che oggi sento miei. Come molti fotografi, prediligo sempre gli stessi schemi, nonostante con una semplice ricerca sul web se ne possano ritrovare dei più svariati, ciascuno con tanto di specifiche tecniche, posizione dei flash, distanze dagli sfondi patinati, potenze indicate al dettaglio. Il legame con la luce che più si avvicina ad una specifica e personale sensibilità fotografica è, peraltro, estremamente profondo. Forse tutto ciò può sembrare un po’ distorto, se vogliamo. Light fetishism? Could be. La luce in definitiva come una specie di partner, alcune volte ideale, in altri momenti niente affatto discreta, che spesso fa impazzire, ma che ci ritroveremo sempre ad amare alla follia. Nessuna velleità di insegnare tecnica in questo mio primo articolo del blog. Non ne sento l’urgenza. Seguiranno altri pensieri sparsi, sulla tecnica, sull’utilizzo dell’attrezzatura a disposizione e sui trucchi che potranno, credo, aiutare i fotografi alle prime armi a migliorarsi un po’ o a considerare la propria produzione sotto altri punti di vista (ciò che personalmente mi impongo costantemente). Alcune recensioni sui materiali (obiettivi, flash, fotocamere et similia) arricchiranno questo spazio con gli apporti di chi avrà voglia e tempo di condividere con me le proprie opinioni. Questa volta, dicevo, desideravo descrivere ciò che per me è l’unica verità ultima, fotograficamente parlando. La luce e il suo magico potere, in barba al nichilismo che pervade ormai quasi ogni aspetto delle nostre vite.
Condivido a pieno l’importanza della luce e delle sue indispensabili ‘conseguenze’, ma d’altro canto io sono un’amante delle oscurità nel senso che adoro fotografare quando tutto tace e quando le cose più straordinarie avvengo quasi in sordina. La notte è una consigliera preziosa, solo ad alcuni è concesso cogliere, è come ritrovarsi da soli con la propria anima e alla ricerca di sensazioni profonde.
Ritengo molto utile quello che fai, io non ne sono ancora capace, non fotografo da molto tempo, ma sento che questa è una passione che mi accompagnerà ancora per tanto e il confronto con altri non fa che arricchirmi di spunti pregevoli. Hai talento, volevo dirtelo.